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L. SCIPIONE, Aiuti di Stato, crisi bancarie e ruolo dei Fondi di Garanzia dei depositanti, in Giur. comm., 1, 2020, p. 184 ss.

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PREMESSO

 

  • che il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (“FITD”) è un consorzio di diritto privato costituito nel 1987 su base volontaria e divenuto successivamente obbligatorio a seguito dell’attuazione della prima direttiva (94/19/CEE) sui sistemi di garanzia dei depositi. Tale principio è stato confermato dal decreto legislativo n. 30 del 15 febbraio 2016, con il quale è stata recepita la nuova direttiva 2014/49/UE (DGSD – Deposit Guarantee Scheme Directive);
  • che, come è noto, la disciplina sugli aiuti concessi dagli Stati alle imprese (i c.d. aiuti di Stato) è dettata, in primo luogo, dal TFUE al Titolo VII (Norme comuni sulla concorrenza, sulla fiscalità e sul ravvicinamento delle legislazioni) Capo 1 (Regole di concorrenza) Sezione 2 (Aiuti concessi dagli Stati). In particolare, l’art. 107, par. 1, prevede che, salvo deroghe contemplate dai trattati, sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidono sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minacciano di falsare la concorrenza;
  • che la valutazione circa la compatibilità con il mercato comune di un intervento statale spetta esclusivamente alla Commissione ai sensi dall’art. 108, par. 3, TFUE;
  • che in forza di quanto stabilito dalla Commissione nella Banking Communication del 2013, la tutela dei depositi nella procedura di liquidazione e in quelle di risoluzione costituisce l’unica modalità di intervento consentita agli schemi di garanzia dei depositi (Deposit Garantee Scheme – “DGS”);
  • che, ai sensi dell’art. 11 DGSD, gli Stati membri possono autorizzare un DGS a utilizzare i mezzi finanziari disponibili per misure alternative volte a evitare il fallimento di un ente creditizio, purché siano soddisfatte le condizioni ivi indicate, ovvero l’assenza di una procedura di risoluzione a carico dell’ente beneficiario o l’assenza dei presupposti che giustifichino l’avvio della predetta procedura di risoluzione

 

APPROFONDIMENTO

 

  1. In primo luogo, ai fini di una migliore comprensione dei risvolti giuridici sottesi all’intervento del FITD, occorre rammentare la vicenda che, a partire dal 2012, ha interessato Banca Tercas, la quale era stata sottoposta da Banca d’Italia ad amministrazione straordinaria per aver rilevato gravi irregolarità operative e normative nella sua gestione. Risultava, tuttavia, possibile evitare il fallimento di Tercas attraverso l’intervento alternativo e preventivo del FITD al fine di colmare il deficit patrimoniale, e dunque evitare il pay-out dei depositanti il quale avrebbe imposto un maggior onere a carico del Fondo stesso. Tale intervento venne reputato dalla Commissione europea un aiuto di Stato vietato, ai sensi dell’art. 107, par. 1, TUB, e dunque ne ordinò la restituzione.
  2. In secondo luogo, appare importante soffermarsi sulle argomentazioni giuridiche utilizzate dalla Commissione per sostenere la tesi secondo cui l’intervento preventivo del FITD, nel salvatggio di Tercas, sia configurabile quale aiuto di Stato incompatibile con il mercato interno. Viene in rilievo, in particolare, l’argomentazione secondo cui il FITD abbia operato attraverso un mandato pubblico, essendo di fatto controllato e influenzato dallo Stato (i.e. Banca d’Italia) attraverso la sua struttura di governance, e che l’intervento del FITD abbia impiegato risorse statali, essendo la sua adesione, per espressa previsione legislativa, obbligatoria da parte delle consorziate. Inoltre, la Commissione, che anche ammette l’utilizzo di aiuti di Stato per sostenere una banca in dissesto, ha ritenuto che nel salvataggio di Tercas il FITD non abbia rispettato nè il principio del c.d. least cost, nè abbia attuato misure di burden sharing e nè abbia presentato un piano di ristrutturazione o adeguate procedure per evitare distorsioni della concorrenza.
  3. In terzo luogo, si intendono analizzare le argomentazioni giuridiche utilizzate dal Tribunale UE per censurare le conclusioni a cui è pervenuta l’Autorità Antitrust europea nel ritenere l’intervento alternativo del FITD vietato ai sensi della normativa in materia di aiuti di Stato. Si intende, altresì, commentare il riscontro da parte del Tribunale UE di un palese contrasto della predetta decisione della Commissione con la normativa europea in in materia di Schemi di garanzia dei depositi (art. 11 DGSD).

 

Riassunto di Flavia Lo Forte e Luca Nardini

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