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Brexit: Quale Impatto Sul Mondo Finance

Il presente documento di approfondimento è il primo di una serie in cui verranno analizzate le implicazioni e i potenziali cambiamenti sotto il profilo legale conseguenti all'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea. In questa edizione viene affrontata la tematica dell'applicazione del diritto inglese nella prassi economica-finanziaria internazionale, e il riconoscimento di tale diritto e delle sentenze inglesi da parte degli Stati Membri dell'UE.

I. Periodo di Transizione

Il Regno Unito ha ufficialmente lasciato l’Unione Europea (“UE”) il 31 gennaio 2020. Ai sensi dell’art. 126 dell’Accordo di Recesso ([1]), entrato in vigore nel Regno Unito il 31 gennaio 2020 (l'”Accordo di Recesso”), è previsto un periodo di transizione che durerà fino al 31 dicembre 2020 (il “Periodo di Transizione”), durante il quale dovranno avere luogo ulteriori negoziazioni al fine di dirimere gli aspetti pratici-legali della Brexit. Infatti, nonostante il Regno Unito e l’UE abbiano concordato i termini del proprio divorzio, sono ancora da definire da ambo le parti le sembianze che andranno ad assumere le relazioni tra Regno Unito e UE successivamente al Periodo di Transizione ([2]).
Intanto, per il momento, il quadro delle relazioni tra il Regno Unito e l’UE che troverà applicazione durante il Periodo di Transizione, i.e. fino a 31 dicembre 2020, non subirà variazioni: come concordato nell’Accordo di Recesso, durante tutto il Periodo di Transizione, il Regno Unito continuerà ad applicare la normativa europea (anche quella che sarà emanata nel 2020), ivi compresa la disciplina civilistica e commerciale, e l’UE tratterà il Regno Unito alla stregua di uno Stato Membro, salvo per la partecipazione alle istituzioni e alle strutture di governance dell’UE. È da osservare che, a causa della diffusione pandemica del Covid-19, i governi dei singoli Stati Membri e l’Unione Europea sono attualmente impegnati a definire misure legislative volte a limitare gli impatti economici derivanti dallo stallo industriale. Di conseguenza, l’andamento delle trattative in merito all’uscita del Regno Unito dall’UE sembra avere subito un forte rallentamento.

II. Punti di forza del diritto inglese

Il diritto inglese – essendo fortemente conosciuto a livello internazionale, con una classe di giudici preparata e altamente apprezzata dagli operatori di mercato – è guardato con favore dagli investitori ed assurge pienamente a lex mercatoria internazionale in moltissime transazioni, senza aver riguardo a distinzioni geografiche o linguistiche. I punti di forza del diritto inglese sono molteplici: è trasparente e prevedibile, lascia ampio spazio all’autonomia contrattuale ed è caratterizzato da una versatilità pro-business, garantendo una velocità ed efficienza nei processi di risoluzione non comparabili ad altri sistemi giuridici, tra cui quello italiano. Considerati questi punti di forza, la scelta del diritto inglese ha riscosso e continua a riscuotere un grande consenso. È largamente applicato in molti settori in Europa e nel mondo, tra cui quello della finanza strutturata, del debt capital market, nei contratti di finanziamento, nei contratti di pronti contro termine, nei derivati, nello stock lending. In questi ambiti si registra quasi una presenza assoluta del diritto inglese, il quale è agevolato dal ricorso a standard contrattuali predisposti da organizzazioni del settore e fortemente richiesti dagli operatori del mercato (quali banche, società di investimento, ecc.) come ad esempio i modelli ISDA (International Swaps and Derivatives Association), il GMRA (Global Master Repurchase Agreement), il GMSLA (Global Master Securities Lending Agreement), ecc.

III. Il diritto inglese post-Brexit

Il diritto inglese, a differenza degli ordinamenti della maggior parte degli Stati Membri dell’UE, si contraddistingue per la presenza di un ordinamento giuridico common law basato su precedenti casi giurisprudenziali (c.d. stare decisis), il quale non prevede il rinvio a codici legislativi alla stregua degli ordinamenti dell’Europa continentale. Questa caratteristica ha permesso al diritto contrattuale inglese di non subire ingerenze dal diritto dell’UE tanto quanto quello di molti sistemi europei di civil law. I principi contrattualistici inglesi sono, infatti, alquanto flessibili, e permettono l’inserimento di previsioni ad hoc, se richieste dal diritto dell’UE, nella misura in cui ciò fosse necessario. Ciò garantisce ai contratti redatti sulla base del diritto inglese un’altissima versatilità, assicurando la loro facile applicabilità nei rapporti giuridici più disparati. Tale versatilità non è pregiudicata dall’uscita del Regno Unito dall’UE. Alla luce di questo, dunque, si presume che il diritto inglese continuerà ad essere per le proprie qualità largamente utilizzato nei diversi ambiti economici e legali anche post Periodo di Transizione.

IV. Scelta del diritto

I Regolamenti (EC) n. 593 del 2008 (“Roma I”) e n. 864 del 2007 (“Roma II”) prevedono l’applicabilità del diritto scelto dalle parti contrattuali, indipendentemente dal fatto che tale diritto sia di un paese UE o meno. Tali regolamenti non richiedono un meccanismo di reciprocità tra Stati, e impongono ai tribunali degli Stati Membri di rispettare e tutelare, nei limiti di applicazione delle norme inderogabili di uno Stato, la scelta del diritto applicabile delle parti. Il riconoscimento della scelta del diritto applicabile (ivi incluso il diritto inglese) ai contratti, non cambia dunque a seguito dell’uscita del Regno Unito. Ad ogni modo, il governo del Regno Unito ha annunciato che intende continuare ad applicare lo stesso regime dopo la fine del Periodo di Transizione ed ha presentato, a tal fine, la Law Applicable to Contractual Obligations and Non-Contractual Obligations (Amendment etc.) (EU Exit) Regulations 2019, per recepire Roma I e Roma II all’interno delle proprie fonti normative.

V. Scelta del foro

Le principali norme e convenzioni che attualmente regolano il riconoscimento e l’esecuzione delle clausole e delle decisioni sulla giurisdizione dei tribunali tra gli Stati Membri in materia civile e commerciale sono il Regolamento UE n. 1215 del 2012 (“Regolamento Bruxelles Recast”) (il quale si applica a procedimenti avviati dal 10 gennaio 2015) e, tra gli Stati Membri dell’UE e gli Stati EFTA, la Convenzione di Lugano del 2007 (“Convenzione di Lugano”). Durante il Periodo di Transizione, il Regolamento Bruxelles Recast continuerà a definire le questioni giurisdizionali nel caso in cui ambo le parti contrattuali si trovino in uno Stato Membro dell’UE, garantendo che, qualora insorga una controversia soggetta alla giurisdizione dei tribunali inglesi, qualsiasi sentenza inglese (ad esempio, un’ingiunzione) può essere fatta valere in tutta l’UE come se si trattasse di una sentenza nello Stato Membro in cui è richiesta l’esecuzione. Tramite il Regolamento Bruxelles Recast si continuerà inoltre a prevedere che un tribunale di uno Stato Membro debba eccepire il difetto di giurisdizione laddove non sia il tribunale specificato nella relativa clausola di competenza esclusiva del contratto. Analogamente al Regolamento Bruxelles Recast, la Convenzione di Lugano disciplina gli aspetti in materia di giurisdizione e di efficacia delle sentenze tra gli Stati Membri dell’UE e gli Stati EFTA. Ai sensi della Convenzione di Lugano, i tribunali degli Stati firmatari sono tenuti a rispettare quanto definito dalle parti in tema di giurisdizione a patto che almeno una parte contraente sia domiciliata in uno Stato firmatario e che la giurisdizione indicata dalle parti sia quella di uno Stato firmatario. Se nessuna delle parti contraenti ha il domicilio in uno Stato firmatario, l’autorità giudiziaria prescelta può eccepire il relativo difetto di giurisdizione. Opzioni post-Brexit Al termine del Periodo di Transizione, il Regolamento Bruxelles Recast non sarà più applicabile in merito alla scelta del foro inglese, poiché l’essenza della giurisdizione e del regime applicativo delle sue norme è la reciprocità. Il Regno Unito potrebbe dunque, da un lato, scegliere di aderire alla Convenzione di Lugano, la quale preserverebbe la maggior parte dei benefici dell’attuale regime, ma richiederebbe il consenso di quegli Stati che sono già parte della Convenzione; o, dall’altro, aderire alla Convenzione dell’Aia. La Convenzione dell’Aia del 2005 sulla scelta del foro competente (“HCCA”), tra UE e altri 81 firmatari, garantisce che laddove le parti abbiano previsto che un tribunale debba avere giurisdizione esclusiva per la risoluzione delle proprie controversie, il tribunale prescelto debba accettare la propria competenza nel dirimere la relativa controversia. Tuttavia, la Convenzione dell’Aia è molto diversa dall’attuale regime europeo ed ha una portata applicativa molto più limitata nel proprio ambito; ad esempio, non impone un sistema normativo esaustivo per la
determinazione della giurisdizione, nonché in merito all’efficacia delle sentenze, applicandosi infatti solo nei casi in cui le parti hanno stipulato un accordo di giurisdizione esclusiva. Fatto salvo quanto definito, al termine del Periodo di Transizione la Convenzione dell’Aia non sarà più applicabile a meno che il Regno Unito non vi aderisca indipendentemente. Il processo di adesione è relativamente semplice e non richiede il consenso delle altre parti contraenti. Di fatto, questo processo era già in corso per il Regno Unito ed è stato solo momentaneamente interrotto dal Periodo di Transizione. Nel caso di un mancato accordo tra Regno Unito e UE, il Regno Unito potrebbe dunque aderire sia alla Convenzione dell’Aia che alla Convenzione di Lugano; tuttavia, ad oggi, non è ancora possibile prevedere esattamente quale sarà il quadro legislativo dopo il Periodo di Transizione. A più riprese, si caldeggia altresì la possibilità che possa trovare applicazione in sede contrattuale sia la Convenzione di Roma del 1980 per quanto concerne la legge applicabile, sia la Convenzione di Bruxelles del 1968 per quanto riguarda la competenza giurisdizionale ([3]). Giurisdizione non esclusiva Un approccio attendista potrebbe essere quello di attribuire ai tribunali inglesi la giurisdizione non esclusiva. Ciò garantirebbe a ciascuna parte contrattuale la flessibilità di scegliere al momento opportuno se intentare una causa in Inghilterra o – nel caso in cui il Regno Unito non sia in grado di assicurare l’applicabilità delle proprie sentenze in tutta l’UE – in un tribunale di qualsiasi Stato Membro dell’UE. Una variante potrebbe essere quella di dare la possibilità di indicare la giurisdizione competente esclusivamente ad una sola delle parti; una pratica già consolidata sul mercato che consente ad una delle parti (solitamente il borrower o un emittente) di intentare un’azione legale solo presso il tribunale indicato, consentendo all’altra parte (di solito il lender, o il portatore dei titoli) di intentare un’azione legale in quel tribunale o in qualsiasi altro tribunale competente.

VI. Esecutorietà delle sentenze

Come accennato, con il Regolamento Bruxelles Recast, le sentenze dei tribunali degli Stati Membri possono essere esportate in modo e con tempi relativamente rapidi e agevoli in tutti gli altri Stati Membri, i quali devono riconoscere e fare valere le reciproche sentenze come se fossero state pronunciate a livello nazionale. Per il momento, le sentenze ottenute durante il Periodo di Transizione saranno pienamente efficaci in conformità con l’attuale regime europeo e, come notato nel paragrafo V sopra, vi è un notevole incentivo a mantenere l’attuale regime anche post-Brexit. Unitamente a questo, la Convenzione dell’Aia, qualora il Regno Unito ne diventasse parte contraente, fornirebbe un ulteriore mezzo post Brexit con il quale un regime simile allo status quo potrebbe essere mantenuto. Nel caso in esame, anche se certamente datato, potrebbe inoltre essere di aiuto il Foreign Judgments (Reciprocal Enforcement Act) 1933 (il “1933 Act”), ai sensi del quale i trattati bilaterali per il riconoscimento/applicazione reciproci delle sentenze tra Regno Unito e diversi paesi europei, tra i quali l’Italia, hanno effetto legale. Nonostante il 1933 Act sia stato quasi completamente sostituito dall’attuale regime europeo, questo continua ad essere applicabile nel contesto di sentenze che esulano da detto regime, e potrebbe costituire una componente importante della normativa applicabile dopo il Periodo di Transizione. Ad ogni modo, le sentenze pronunciate nel Regno Unito saranno, comunque, riconosciute anche in Italia. Infatti, ai sensi della legge n. 218 del 1995 (Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato), una sentenza del Regno Unito è automaticamente riconosciuta in Italia, senza necessità di ulteriori procedimenti (fatto salvo eventuali
dichiarazioni di riconoscimento da parte della Corte d’Appello nei casi in cui è richiesta l’esecutorietà di una sentenza), a patto che soddisfi determinati criteri (ad es. la sentenza deve essere stata pronunciata in conformità alla legge; nessun procedimento per le stesse questioni può essere pendente dinanzi ad un tribunale italiano).

VII. Arbitrati

L’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea non ha alcun impatto sui contratti che prevedono la risoluzione delle controversie mediante arbitrato (ad esempio, presso la Corte Internazionale di Arbitrato della Camera di Commercio Internazionale o la Corte di Arbitrato Internazionale di Londra) poiché il Regno Unito è parte contraente a pieno titolo della Convenzione di New York del 1958, volta a definire i termini di riconoscimento e l’esecuzione dei lodi arbitrali. Detto questo, ad oggi l’utilizzo dell’arbitrato rimane un’opzione poco adottata in ambito finanziario, resta dunque da vedere se, alla luce della Brexit, vi sarà un cambiamento da parte degli operatori di mercato in tal senso. VIII. Conclusione È chiaro che non è possibile prevedere quali saranno i cambiamenti legati all’utilizzo del diritto inglese derivanti dai futuri accordi tra Regno Unito e UE post Periodo di Transizione. Tuttavia, alla luce di quanto sopra analizzato, se le osservazioni sottolineate in merito alla versatilità del diritto inglese difficilmente potranno mutare nei prossimi mesi, lo stesso non si può dire sulle tempistiche in cui eventuali altri accordi sui temi affrontati verranno adottati, lasciando potenzialmente aperta la possibilità sia di una proroga del Periodo di Transizione (visto gli effetti della pandemia in corso, anche se è bene chiarire che, ad oggi, non è stata intrapresa alcuna iniziativa legislativa in tal senso) e sia, nel caso di variazioni politiche nell’Eurozona, di un diverso approccio politico-economico di chi sta conducendo le trattative tra UE e Regno Unito.

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