Il disposto di cui all’art. 147, comma 5, L. Fall. non appare preordinato verso una o altra forma di esercizio dell’attività di impresa (individuale o, per contro, collettiva). Si volge, piuttosto, verso l’ipotesi in cui – una volta dichiarato il fallimento di un (singolo) imprenditore – successivamente emerga che, invece, si tratta di “impresa… riferibile a una società”. La norma risulta cioè completare la previsione del precedente comma 4 (secondo quanto suggerisce, del resto, lo stesso incipit del comma 5). Il comma 4, riguarda il caso di successiva emersione di soci occulti di società palese; il comma 5, si concentra sul caso della successiva emersione di una società dapprima occulta e distinta dal soggetto già dichiarato fallito. Sicché, non v’è alcuna ragione che, nell’ipotesi disciplinata dal predetto comma 5 – in cui l’esistenza della società emerga in data successiva al fallimento autonomamente dichiarato di uno solo dei soci -, possa giustificare un differenziato trattamento normativo, ammettendone o escludendone la fallibilità a seconda che il socio già fallito sia un imprenditore individuale o collettivo.