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RELAZIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE DELL’8 LUGLIO 2020 INTITOLATA: “NOVITÀ NORMATIVE SOSTANZIALI DEL DIRITTO “EMERGENZIALE” ANTI-COVID 19 IN AMBITO CONTRATTUALE E CONCORSUALE”

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Premesso

−     che l’emergenza sanitaria relativa alla pandemia denominata “COVID-19” (la “Pandemia”) ha determinato importanti rallentamenti nell’economia e incertezza sulle prospettive economiche a livello globale;

−     che tali incertezze hanno avuto ripercussioni anche in ambito contrattuale e non solo, in particolare nella fase esecutiva (i) dei contratti sinallagmatici e (ii) delle procedure concorsuali;

−     che il legislatore è intervenuto con rimedi specifici per far fronte alle alterazioni contrattuali derivanti dalla Pandemia.

Approfondimento

  1. Un primo aspetto degno di nota concerne il fatto che per far fronte ai riflessi della Pandemia sulla vita dei contratti sinallagmatici in essere durante i mesi di lockdown, non sempre sono stati introdotti rimedi nuovi. In particolare, hanno trovato frequente applicazione le norme relative all’impossibilità sopravvenuta e all’eccessiva onerosità sopravvenuta. In particolare, l’impossibilità sopravvenuta estinguerà il contratto solo quando le obbligazioni ivi dedotte siano divenute completamente e definitivamente ineseguibili (o inottenibili). Qualora, invece, la prestazione sia divenuta realizzabile solo parzialmente, il contratto non si estinguerà. In tale contesto, infatti, il creditore si troverà di fronte ad una triplice scelta: (i) riduzione della relativa controprestazione; (ii) recesso (qualora non abbia interesse all’adempimento parziale); o (iii) sospensione dell’esecuzione della prestazione da egli dovuta fin quando il debitore non sarà in grado di adempiere nella maniera originariamente prevista. Inoltre, nel caso in cui il contratto preveda un termine essenziale, la parte obbligata all’adempimento di prestazioni divenute temporaneamente irrealizzabili non sarà ritenuta responsabile del ritardo per tutto il tempo in cui la prestazione sarà impossibile. L’eccessiva onerosità sopravvenuta trova applicazione nei contratti di durata, solo quando si sostanzi in un’alterazione inevitabile ed impronosticabile del sinallagma. In altre parole, occorre che l’aggravio economico relativo alla prestazione sia divenuto eccezionalmente grave, esulando quindi dalla normale alea. Si segnala che il legislatore è intervenuto con specifico riferimento ad un peculiare motivo di inadempimento: quello dell’impotenza finanziaria, ossia l’impossibilità di adempiere le obbligazioni assunte a causa del drastico abbassamento del fatturato determinata da una causa di forza maggiore. Tale intervento si spiega poichè la disciplina codicistica appare eccessivamente legata al principio pacta sunt servanda. In primo luogo, il concetto di impossibilità della prestazione non ricomprende anche quello di impotenza finanziaria. In secondo luogo, considerando che il debitore risponde […] con tutti i suoi beni presenti e futuri (art. 2740 c.c.), il rimedio a tale causa di inadempimento dovrebbe essere identificato nella liquidazione dei beni del debitore stesso. Sul punto, il legislatore è intervenuto con il D.L. n. 18 del 2020, e più in particolare gli articoli 54 e 56 volti a sospendere temporaneamente il pagamento dei mutui.

 

  1. Un secondo aspetto concerne le norme sostanziali “anti Covid” introdotte a tutela (i) dei debitori inadempienti per cause ad essi non imputabili e (ii) delle imprese in crisi. Con riferimento al primo punto, l’art. 91 del D.L n. 18 del 2020 dispone che il rispetto delle misure di contenimento previste dal medesimo D.L. sono sempre valutate ai fini dell’esclusione della responsabilità del debitore per inadempimento. Ai sensi di tale previsione, non sarà considerato responsabile di inadempimento il debitore che dimostra in giudizio il nesso eziologico fra inadempimento e causa impossibilitante rappresentata dal rispetto delle prescrizioni volte a contenere la Pandemia. Con riferimento al secondo punto, è stato introdotto il D.L. n. 23 del 2020, il quale introduce, all’art. 5, lo slittamento dei termini dell’entrata in vigore del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza al fine di incentivare le trattative tra debitore e creditori in un plesso neutro e stragiudiziale, riservato e confidenziale. La medesima rilevanza è da attribuirsi, inter alia, anche all’articolo 10 del medesimo decreto. Tale articolo dispone l’improcedibilità delle domande di fallimento depositate tra marzo e giugno 2020, facendo salve solo quelle proposte dal pubblico ministero e corredate da istanze cautelari o conservative. È consentito in tal modo al debitore di valutare con maggior ponderazione la possibilità di ricorrere a strumenti alternativi alla soluzione della crisi di impresa.

 

  1. Un terzo aspetto concerne l’esecuzione delle procedure concorsuali minori. L’aspetto problematico consiste nella difficoltà di portare a compimento il piano iniziale per come originariamente strutturato. In questa prospettiva, la norma cardine dell’art. 186-bis l.fall. postula che la variazione in fase esecutiva delle modalità proprie del concordato con continuità aziendale potrà essere ammessa qualora l’aspettativa di soddisfacimento dei creditori sia superiore a quella concretamente attesa dall’alternativa della liquidazione dell’attivo. Tale valutazione è compiuta dai creditori quale categoria eterogenea in sede di omologa. L’assenza di norme sull’esecuzione del piano di concordato permette di sussumere nella disciplina di quest’ultimo quella propria dei contratti ad esecuzione continuata o periodica o differita. In tale contesto, appaiono di assoluta importanza l’art. 1467 c.c. e l’art. 1256 c.c., che introducono nell’ordinamento uno dei principi fondamentali nella regolazione dei rapporti negoziali: la causa di forza maggiore. Il nostro ordinamento riconosce, dunque, alla parte lesa da eventi pregiudizievoli la possibilità di poter ottenere la rimodulazione della prestazione contrattuale divenuta inesigibile. Tale causa non può non ritenersi operante anche nei confronti del debitore in concordato nel senso che, ove le misure dei decreti legge non dovessero rivelarsi sufficienti a garantire la continuazione dei rapporti concordatari, è plausibile che il combinato disposto tra gli art. 1256 c.c. e 1467 c.c. consenta di fare ricorso alla condizione assolutoria della forza maggiore, al fine di ottenere la modifica del piano di concordato.

 

Conclusioni

La Pandemia fa nascere dunque l’esigenza di effettuare un contemperamento del principio pacta sunt servanta con il principio del rebus sic stantibus, qualora l’equilibrio del rapporto si mostri sostanzialmente snaturato. In buona sostanza, la Pandemia non si “tampona” demolendo il contratto. Al contrario dovrebbe incentivarsi la rinegoziazione delle prestazioni al fine di soddisfare, se possibile, le esigenze di entrambe le parti. In tale contesto, il principio di buona fede assume un ruolo fondamentale quale principio incentivante una leale collaborazione al fine di arginare gli squilibri contrattuali.

 

Riassunto di Cosimo Spagnolo e Serena Mussoni

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